Geely Auto Talks debutta a Milano: la Cina ascolta l’Italia

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C’è un modo rapido per capire quanto un nuovo marchio tenga davvero a un mercato: vedere se arriva soltanto con un listino o anche con una visione. Geely Italia, al suo ingresso ufficiale nel nostro Paese, ha scelto la seconda strada. Prima ancora di parlare di modelli e concessionari, ha acceso i riflettori su un tema più ampio, lanciando gli Geely Auto Talks a Milano. Non un evento vetrina, ma un format pensato per diventare appuntamento ricorrente: un luogo di confronto tra istituzioni, imprese, media e università per mettere a fuoco che cosa significhi oggi innovare nell’auto senza perdere la bussola sociale e industriale.

Milano, crocevia naturale per il confronto

La prima tappa si è svolta il 24 novembre a Palazzo Giureconsulti, sede simbolica per chi vuole parlare di economia reale nel cuore della città. La moderazione affidata a Luca Zorloni di Wired Italia ha segnato il tono dell’incontro: meno celebrazione, più discussione di merito. Sullo sfondo c’è la partnership con Jameel Motors Italia, che accompagna Geely nello sbarco commerciale. Ma il messaggio della serata è stato soprattutto politico-industriale: se l’auto sta cambiando pelle, servono spazi dove far dialogare chi detta le regole, chi sviluppa le tecnologie e chi forma le persone che le useranno e le porteranno sul mercato.

Il “Rinascimento Tecnologico” visto da vicino

Il concetto scelto da Geely – Rinascimento Tecnologico – potrebbe sembrare uno slogan buono per qualsiasi palco. Qui, però, è diventato una cornice operativa: innovazione come leva per migliorare sicurezza, qualità della vita e sostenibilità, non come esercizio estetico. È una differenza sottile ma decisiva in un Paese come l’Italia, dove l’auto è ancora manifattura, lavoro e indotto. L’obiettivo dichiarato è creare un ponte stabile tra Italia e Cina sul terreno della mobilità, provando a far pesare il contributo italiano in ricerca, design, filiera e cultura tecnica.

AI e ADAS: quando la sicurezza è software

Uno dei panel più densi ha messo al centro AI e ADAS, non con l’entusiasmo cieco di chi rincorre la novità, ma partendo da una domanda pratica: quanto possono cambiare la guida di tutti i giorni? L’intervento dell’Osservatorio Connected Vehicle & Mobility del Politecnico di Milano, coinvolto da Geely, ha aiutato a spostare il discorso dal “se” al “come”. L’intelligenza artificiale non è più una parola da convegno: è la chiave per rendere l’auto più prevedibile, meno distratta, più capace di dialogare con chi è al volante. E per un brand che entra in Europa, questo è anche un posizionamento: la tecnologia come garanzia di fiducia, non come barriera.

Competenze: la sfida invisibile della transizione

L’altro nodo, spesso trascurato, è quello delle persone. Il panel su formazione e filiera ha ricordato che la transizione elettrica e digitale non si gioca soltanto su batterie e piattaforme, ma sul capitale umano. I dati raccolti su migliaia di cittadini europei e decine di manager automotive hanno restituito una fotografia già nota ma ancora urgente: servono nuovi profili, dal software alla manutenzione evoluta, dalla gestione dei dati alla customer experience. Se mancano le competenze, anche la migliore tecnologia resta ferma sul banco prova.

Un ingresso nel mercato che cerca radici

Marco Santucci, CEO di Geely Italia, ha insistito su un’idea semplice: l’Italia non è solo un mercato da conquistare, ma un territorio dove far crescere innovazione. È una promessa che andrà misurata nei fatti, certo. Ma è anche un segnale interessante in un momento in cui molte case riducono l’Europa a un terreno di vendita. Geely, invece, dice di volerla vivere come laboratorio. Da qui al 2026 gli Geely Auto Talks continueranno: se diventeranno davvero una piattaforma permanente e non una parentesi, lo vedremo nella capacità di tradurre questa conversazione in investimenti, partnership e progetti concreti. Milano, intanto, ha segnato l’inizio di un percorso che prova a rimettere l’auto dentro una storia più grande: quella dell’industria che cambia senza perdere le persone.