Per la prima volta il mercato italiano delle auto elettriche parla la lingua dei grandi numeri. A novembre sono state immatricolate 15.131 vetture full electric, con una crescita del 130,7% rispetto allo stesso mese del 2024, e una stima di 7.000-9.000 targhe che hanno beneficiato degli incentivi legati all’ISEE. La quota di mercato delle auto elettriche è volata così al 12,2%, più del doppio del 5,3% registrato un anno fa.
Dietro la foto di un singolo mese c’è però un trend che comincia a fare massa critica. Tra gennaio e novembre 2025 le immatricolazioni di auto elettriche in Italia sono arrivate a 82.218 unità, in aumento del 40,1% rispetto allo stesso periodo del 2024, con una market share salita dal 4 al 5,8%. Il parco circolante BEV ha toccato le 353.721 auto: numeri ancora piccoli rispetto al totale, ma sufficienti per dire che la mobilità elettrica non è più solo un affare da pionieri.
Un boom in un mercato complessivo ancora in affanno
L’exploit delle elettriche si inserisce in un contesto in cui il mercato auto italiano nel suo complesso continua a perdere terreno. A novembre le immatricolazioni totali, contando tutte le alimentazioni, si sono fermate a 124.444 unità, con una lieve contrazione dello 0,2% rispetto allo stesso mese del 2024. Tra gennaio e novembre le registrazioni complessive sono state 1.422.581, in calo del 2,4% su base annua.
La fotografia è piuttosto chiara: mentre il mercato tradizionale rallenta, la domanda di auto a batteria si accende quando entra in gioco un pacchetto di incentivi mirati e facilmente accessibili. Non manca la curiosità degli italiani verso l’elettrico; a frenare sono soprattutto il costo di acquisto e l’assenza di una politica di sostegno stabile, che permetta a famiglie e imprese di pianificare gli investimenti senza vivere ogni bonus come un’occasione irripetibile.
L’Italia alla prova del confronto europeo
Il balzo di novembre ha permesso all’Italia di ridurre, almeno per un mese, il gap con il resto d’Europa. A ottobre 2025 la quota di auto elettriche era pari al 24,5% in Francia, al 21% in Germania, al 9,5% in Spagna e al 25,4% nel Regno Unito. Nello stesso mese l’Italia era ferma intorno al 5%, lontanissima dai principali mercati concorrenti.
Proprio per questo il 12,2% di share registrato a novembre, spinto dagli incentivi ISEE, ha un valore che va oltre il numero in sé: dimostra che il potenziale del mercato italiano esiste e può emergere quando il quadro regolatorio è chiaro e conveniente. Non è solo l’effetto di un “click day” riuscito, ma la prova che una domanda latente c’è e può trasformarsi in immatricolazioni reali se supportata da politiche pubbliche programmatiche e non episodiche.
Il presidente di Motus-E, Fabio Pressi, sottolinea come la spinta degli incentivi abbia temporaneamente mitigato “l’anomalia” di un Paese rimasto ai margini della mobilità elettrica, riportandolo – seppure per un mese – su livelli più vicini agli standard europei. Un passaggio che suona anche come un messaggio alla politica: se gli strumenti fossero prevedibili e pluriennali, i risultati potrebbero diventare strutturali e non legati al singolo provvedimento.
Il nodo delle flotte aziendali e del mercato dell’usato
Per trasformare il rimbalzo di novembre in un percorso stabile, uno dei punti chiave è quello delle flotte aziendali. Oggi la fiscalità sulle auto aziendali in Italia non incentiva in modo deciso la scelta di veicoli elettrici, al contrario di quanto accade in molti altri Paesi Ue. Da qui l’appello di Pressi a una revisione profonda del trattamento fiscale: un intervento che aiuterebbe le imprese a rinnovare il parco con BEV e, allo stesso tempo, metterebbe in moto un più ampio mercato dell’usato elettrico, con prezzi finalmente accessibili a un numero maggiore di cittadini.
È proprio qui che passa la vera democratizzazione dell’auto elettrica. Se le aziende potessero passare più rapidamente a flotte elettriche, nel giro di pochi anni sul mercato arriverebbero migliaia di vetture di seconda mano, con valori d’acquisto più vicini alle possibilità delle famiglie. Uno schema già visto con le motorizzazioni tradizionali, che applicato all’elettrico potrebbe allargare la platea ben oltre le fasce di reddito più elevate, accompagnando gli incentivi ISEE con una filiera di mobilità davvero inclusiva.
Strategia industriale e informazione: le prossime mosse
Il tema, però, non è solo di domanda. Riguarda anche l’offerta e la strategia industriale europea. Per rilanciare la filiera, l’Europa deve mettere i costruttori nelle condizioni di produrre sul proprio territorio auto elettriche mass market con costi industriali competitivi, senza dipendere eccessivamente da piattaforme e componenti extra-Ue. La crescente disponibilità di modelli più accessibili, combinata con bonus rivolti alle fasce più fragili, sta già spingendo il mercato oltre la fase degli early adopters, portando all’elettrico un pubblico più ampio e meno “tecnico”, che chiede soprattutto semplicità, certezze e informazioni chiare.
Su questo fronte entra in gioco anche il lavoro di informazione e educazione. Dubbi su autonomia, ricarica o durata delle batterie sono spesso alimentati da pregiudizi o notizie imprecise. Per colmare questo gap, realtà come Motus-Ehanno messo a disposizione strumenti come una Guida per l’installazione delle wallbox e un articolato Q&A con decine di fonti verificate, pensati per accompagnare passo dopo passo chi si avvicina per la prima volta a un’auto elettrica.
Il boom di novembre, insomma, dimostra che quando incentivi intelligenti, politiche industriali e informazione corretta si muovono nella stessa direzione, il mercato delle auto elettriche è pronto a rispondere con forza. La sfida, ora, è non disperdere questo segnale: servono continuità, una chiara strategia industriale e la volontà di fare della mobilità elettrica non solo un numero da comunicato, ma uno dei pilastri della politica economica e industriale del Paese nei prossimi anni.

















