
Se c’è una figura che oggi incarna la complessità di guidare un colosso industriale nel ventunesimo secolo, quella è Ola Källenius. Svedese di nascita ma tedesco d’adozione professionale, il CEO di Mercedes-Benz si trova oggi a gestire una partita a scacchi su tre scacchiere differenti, ognuna con regole che cambiano in corsa. Non ama le etichette, Källenius, eppure negli ultimi mesi si è guadagnato sul campo il titolo di uomo del “reality check”, colui che ha avuto il coraggio di alzare la mano in un’assemblea di ottimisti per dire che i conti, forse, non tornano come dovrebbero. La sua non è una battaglia contro l’elettrico, ma una crociata per il pragmatismo in un settore che rischia di soffocare tra ambizioni normative e risposte tiepide del mercato. Dagli uffici di Stoccarda ai corridoi di Bruxelles, la sua voce si è fatta sempre più insistente nel chiedere di guardare i dati reali, tenendo insieme le fila di un mondo diviso tra la concorrenza spietata della Cina, lo scetticismo degli Stati Uniti e le scadenze imperative dell’Europa.
La muraglia cinese e la nuova guerra dei prezzi
Per anni, la Cina è stata l’Eldorado dell’auto tedesca, il motore immobile che garantiva crescita a doppia cifra e margini da sogno. Oggi, quel panorama è cambiato radicalmente. Källenius si confronta quotidianamente con un mercato che è diventato, senza mezzi termini, il più duro e selettivo del pianeta. Il rimbalzo post-pandemia che tutti attendevano si è trasformato in una competizione feroce, dove i marchi locali non sono più i cugini poveri dei brand europei, ma aggressivi innovatori che dettano legge. L’esplosione dei costruttori cinesi specializzati in veicoli elettrici ha riscritto le gerarchie: oggi non basta più presentarsi con il blasone della Stella a tre punte per conquistare il cliente di Shanghai o Pechino. I nuovi player offrono connettività estrema, software avanzati e prezzi aggressivi. La risposta di Mercedes non è stata la ritirata, ma una strategia che Källenius riassume nel mantra “in China for China”. Significa accettare che l’epicentro dell’innovazione digitale si è spostato a est e che per sopravvivere bisogna sviluppare prodotti e servizi pensati specificamente per i gusti locali, abbandonando l’idea eurocentrica di esportare semplicemente un modello di successo. È una lezione di umiltà industriale necessaria per rimanere rilevanti in un’arena dove la velocità di esecuzione è tutto.
Il risveglio americano e la frenata sull’elettrico
Se a Oriente la sfida è tecnologica e di prezzo, dall’altra parte dell’Atlantico Källenius deve gestire una frenata culturale ed economica. Gli Stati Uniti, patria dei grandi spazi e dei motori generosi, stanno inviando segnali inequivocabili: la transizione verso la mobilità a batteria non sta seguendo la curva esponenziale disegnata nei powerpoint degli analisti. L’euforia iniziale per la gamma EQ si è scontrata con una realtà fatta di infrastrutture di ricarica ancora disomogenee, incentivi statali che vanno e vengono, e un consumatore medio che non sembra ancora pronto a cambiare radicalmente le proprie abitudini di guida. Di fronte a una domanda che arranca, il manager ha scelto la via del pragmatismo puro. Ricalibrare l’offerta non significa rinnegare il futuro a zero emissioni, ma ammettere che la strada sarà più lunga e tortuosa del previsto. La decisione di rallentare temporaneamente le consegne di alcuni modelli elettrici per rafforzare la presenza di ibridi e motori a combustione di nuova generazione è una mossa di protezione del business. Källenius sa che forzare la mano in un mercato che resiste è il modo più veloce per bruciare cassa e fiducia. La sua visione americana è chiara: accompagnare il cliente, non obbligarlo, mantenendo viva quella flessibilità produttiva che permette di reagire ai cambi di vento.
Bruxelles e il dilemma del 2035
Ma è nel Vecchio Continente che si gioca la partita più politica e delicata. Il dossier sul tavolo è quello incandescente del 2035, l’anno fissato dall’Unione Europea per il bando definitivo alla vendita di nuove auto con motore termico. Una scadenza che per molti governi è diventata un totem intoccabile della svolta verde, ma che l’industria osserva con crescente inquietudine. Källenius, pur avendo impegnato Mercedes in investimenti miliardari su piattaforme elettriche e architetture software, contesta il metodo, non l’obiettivo. Il suo appello al “reality check” è un invito a scendere dalle torri d’avorio della politica per osservare cosa accade nelle concessionarie e nelle tasche delle famiglie europee. Se la rete di ricarica non cresce alla stessa velocità delle immatricolazioni e se il potere d’acquisto continua a erodersi, il rischio è un cortocircuito sociale ed industriale. Il timore concreto è duplice: da un lato, una corsa all’acquisto di auto diesel e benzina poco prima del divieto, con effetti paradossali sulle emissioni; dall’altro, un indebolimento strutturale dell’industria europea, stretta tra normative rigide e la concorrenza asiatica, proprio nel momento in cui servirebbero risorse ingenti per finanziare l’innovazione.
Oltre il dogma: la via della neutralità tecnologica
La proposta che Källenius porta ai tavoli decisionali è quella di un approccio basato sulla “technology-neutrality”. In un mondo ideale, l’elettrico puro sarebbe la soluzione unica; nel mondo reale, serve un ponte. Il CEO spinge perché non venga demonizzata alcuna tecnologia che possa contribuire alla decarbonizzazione, inclusi gli ibridi avanzati e l’uso di carburanti sintetici (e-fuels) a basse emissioni. Questi ultimi potrebbero rappresentare la salvezza per quei segmenti di mercato o quelle aree geografiche dove la spina non è ancora un’opzione praticabile. Non è una posizione che attira le simpatie degli ambientalisti più radicali, che vedono in ogni rinvio una minaccia al pianeta, ma intercetta le preoccupazioni silenziose di milioni di automobilisti e di una filiera produttiva che dà lavoro a centinaia di migliaia di persone. La domanda di fondo che Källenius pone va ben oltre i risultati trimestrali di Mercedes-Benz: quanto velocemente possiamo cambiare la mobilità senza fratturare la società?
Un equilibrio difficile per il futuro dell’auto
La risposta del manager svedese è lontana da ogni ideologia. Mentre in Cina accetta la sfida dell’innovazione estrema e negli USA corregge la rotta per assecondare il mercato, in Europa batte i pugni affinché la politica non perda il contatto con la realtà industriale. È un tentativo complesso, quasi acrobatico, di tenere insieme tre visioni del mondo divergenti senza perdere di vista l’obiettivo finale: un’auto che sia a impatto climatico neutrale, certo, ma che sia anche tecnicamente possibile, economicamente sostenibile per l’azienda e socialmente accessibile per i clienti. In questa fase storica, Ola Källenius non sta solo guidando Mercedes-Benz; sta cercando di tracciare una rotta sicura per l’intera industria dell’auto, dimostrando che a volte, per arrivare lontano, serve il coraggio di rallentare e guardare la strada per quella che è davvero, e non per come vorremmo che fosse.















