Stellantis-Bolt, alleanza per 100.000 robotaxi in Europa

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Immaginare di chiamare un’auto dal telefono e veder arrivare un veicolo silenzioso, elettrico e senza conducente non è più un esercizio di fantasia. Con la nuova partnership tra Stellantis e Bolt, la piattaforma di mobilità condivisa più diffusa d’Europa, la corsa ai robotaxi entra in una fase industriale che riguarda da vicino le nostre città. Le due aziende hanno annunciato un’alleanza per sviluppare e mettere su strada veicoli a guida autonoma di livello 4, pensati per operare in servizio commerciale senza intervento umano. 

Oggi Bolt serve milioni di utenti in oltre 50 Paesi, inclusi 23 Stati membri dell’Unione Europea, mentre Stellantis schiera un portafoglio di marchi che va da Peugeot a Fiat, da Opel a Citroën. L’accordo non punta semplicemente a vendere nuove auto, ma a integrare veicoli altamente tecnologici in una piattaforma di mobilità condivisa che potrebbe diventare la dorsale del trasporto urbano europeo nei prossimi decenni. 

Dalle promesse alla strada: cosa prevede l’accordo

Il piano è scandito da tappe precise. I primi test su strada dei veicoli autonomi sono previsti in Europa a partire dal 2026, con un percorso che dovrà passare da prototipi e flotte pilota fino alla vera e propria produzione industriale, che nel cronoprogramma condiviso viene indicata intorno al 2029.  Non si tratta, quindi, di un annuncio generico: la sperimentazione è dietro l’angolo e avverrà sulle stesse strade dove oggi circolano taxi tradizionali, VTC e car sharing.

Operare in Europa, però, significa misurarsi con uno dei contesti regolatori più severi al mondo. Stellantis e Bolt hanno già chiarito che lavoreranno a stretto contatto con le autorità europee e nazionali per definire procedure di test, certificazione e messa in servizio che rispettino i più elevati standard in termini di sicurezza, protezione dei dati personali e cybersecurity. In altre parole, ogni chilometro percorso dai futuri veicoli senza conducente dovrà essere compatibile con il GDPR, con le norme sulla sicurezza stradale e con le nuove linee guida sull’intelligenza artificiale. 

Le Piattaforme AV-Ready, il cuore tecnologico dell’intesa

A fare la differenza, per Stellantis, sono le Piattaforme AV-Ready™, architetture nate per ospitare fin dall’origine il “cervello” digitale della guida autonoma di livello 4. La collaborazione con Bolt ruoterà in particolare attorno alla piattaforma eK0, pensata per i furgoni di medie dimensioni, e alla STLA Small, dedicata alle vetture compatte destinate alle nostre città. Entrambe integrano sensori di ultima generazione, capacità di calcolo ad alte prestazioni e ridondanze di sistema, ovvero componenti duplicati in grado di subentrare se qualcosa va storto. 

Dietro il linguaggio tecnico c’è una promessa molto concreta: i futuri robotaxi dovranno essere non solo sicuri, ma anche sostenibili sul piano economico. Le piattaforme sono progettate per ridurre il costo totale di proprietà per gli operatori, un punto chiave se si vuole rendere scalabile la mobilità condivisa autonoma. Per Antonio Filosa, numero uno di Stellantis, la flessibilità delle AV-Ready™ è il passaporto per adattare un’unica base tecnica a diversi usi – dal trasporto passeggeri alle consegne – massimizzando i volumi e accelerando il ritorno degli investimenti in una fase in cui la tecnologia è ancora molto costosa. 

Robotaxi per tutti: la sfida della mobilità condivisa

Se il 2026 sarà l’anno dei primi test e il 2029 quello della produzione iniziale, la vera scommessa guarda al 2035. Entro quella data Bolt punta ad avere fino a 100.000 veicoli senza conducente disponibili sulla propria piattaforma di mobilità condivisa, pronti a rispondere alle richieste degli utenti nelle principali città europee.  Non più una nicchia sperimentale, ma una componente strutturale dell’offerta di trasporto urbano.

Per gli utenti finali, l’esperienza potrebbe cambiare radicalmente. Prenotare un robotaxi significherà salire su un veicolo disegnato appositamente per lavorare 20 ore al giorno, con interni pensati per chi viaggia, non per chi guida. Niente volante, più spazio per sedersi o lavorare, magari prese e schermi per chi deve sfruttare i tempi di spostamento. Per le città, flotte condivise e connesse potrebbero tradursi in meno auto private circolanti, traffico più fluido e, grazie all’elettrificazione, una riduzione delle emissioni locali. È qui che il progetto aggancia i target europei di decarbonizzazione e la spinta verso la mobilità condivisa come strumento per contenere congestione e smog. 

Norme, dati e fiducia: gli ostacoli da superare

Dietro l’entusiasmo, però, restano alcune incognite. Il documento firmato da Stellantis e Bolt è un Memorandum of Understanding non vincolante, una cornice che definisce la volontà comune ma rimanda a futuri accordi definitivi tutti gli aspetti più delicati: ruoli operativi, condizioni economiche, ripartizione dei rischi e, soprattutto, tempi di implementazione nelle diverse città.  È un passaggio inevitabile in un settore che si muove su orizzonti temporali lunghi e in cui la tecnologia evolve più velocemente delle norme.

C’è poi un tema di fiducia. Convincere milioni di persone a salire a bordo di un’auto senza conducente richiederà trasparenza sugli algoritmi, chiarezza sulla gestione dei dati e un dialogo costante con amministrazioni locali e cittadini. Gli incidenti che hanno coinvolto progetti di guida autonoma negli Stati Uniti mostrano quanto rapidamente la percezione pubblica possa cambiare. Per questo Stellantis e Bolt scommettono su un approccio “alla europea”: prudente ma ambizioso, con un’attenzione maniacale a sicurezza, privacy e responsabilità legale. Se la scommessa riuscirà, tra dieci anni chiamare un robotaxi potrebbe essere un gesto quotidiano quanto oggi aprire un’app di ride hailing. E guardando indietro, il 2025 verrà ricordato come l’anno in cui l’Europa ha deciso di giocare davvero la sua partita nella corsa globale ai veicoli senza conducente