
Nel “giorno dell’auto” europeo, mentre crisi geopolitiche e tensioni industriali ridisegnano gli equilibri, UNRAE alza la voce: senza una cornice di regole stabile, la transizione rischia di diventare un percorso a ostacoli per imprese e consumatori. Il messaggio, lanciato alla conferenza stampa di fine anno a Villa Blanc, arriva alla vigilia della comunicazione della Commissione Europea sul nuovo pacchetto automotive, che dovrebbe includere la revisione degli standard CO₂ per auto e veicoli commerciali, strategia europea sulle batterie, pacchetto Omnibus per la semplificazione e nuove proposte per la transizione green delle flotte aziendali.
Target CO₂ più pragmatici e modello “a tre corsie”
Il cuore della richiesta è una correzione di rotta: obiettivi sì, ma più aderenti alla realtà del mercato. UNRAE spinge per un approccio “pragmatico” sui target di emissioni CO₂, riconoscendo che la transizione è complessa e non può essere guidata solo da scadenze e penalità. Tra gli interventi ritenuti più strutturali c’è il modello regolatorio “a tre corsie”, con politiche su misura per auto, veicoli commerciali leggeri e veicoli pesanti, così da evitare che una stessa regola finisca per colpire in modo indiscriminato segmenti con dinamiche diverse.
Roberto Pietrantonio, presidente dell’associazione, insiste sui “fattori abilitanti” fuori dal controllo delle Case: infrastrutture, condizioni economiche, filiere e capacità di investimento. Il traguardo della decarbonizzazione resta imprescindibile, ma per essere credibile deve poggiare su dialogo basato sui dati e su una politica industriale europea capace di tenere insieme clima e competitività.
Accessibilità e tecnologie ponte: la transizione deve essere per tutti
Accanto alle regole, c’è la domanda. Per UNRAE, la mobilità sostenibile non può diventare un bene di nicchia: servono misure che rendano accessibile il passaggio verso auto piccole, efficienti e meno costose da gestire, per famiglie e imprese. E serve l’apertura alle tecnologie ponte, viste come un contributo utile a ridurre le emissioni lungo un percorso graduale. Il ragionamento è pratico: se i prezzi salgono e l’accesso si restringe, il ricambio del parco rallenta e gli obiettivi restano sulla carta, perché l’innovazione non entra davvero nella vita quotidiana di chi deve comprare un’auto.
No al 70% Made in Europe sugli incentivi: prezzi e filiere nel mirino
Sulla domanda UNRAE è netta nel respingere l’ipotesi di un requisito minimo del 70% Made in Europe per accedere agli incentivi. Per l’associazione sarebbe una misura protezionistica con impatti immediati sui prezzi, dunque sull’accessibilità, e con possibili effetti boomerang su un mercato UE integrato nelle catene globali del valore. La competitività, sostiene UNRAE, non si costruisce “alzando muri”, ma con investimenti strutturali finanziati da risorse comunitarie e politiche che incentivino la produzione sostenibile senza penalizzare chi produce e chi acquista.
La leva fiscale sulle flotte: più risultati con meno risorse
Il capitolo più operativo riguarda la fiscalità auto aziendali, definita “il più grande moltiplicatore di crescita”. Le flotte ruotano più velocemente del mercato privato: se si incentiva lì l’adozione di auto a basse emissioni, si ottengono immatricolazioni “green” oggi e un usato più giovane, più sicuro e più accessibile domani. I numeri citati da UNRAE puntano al rapporto costi/benefici: nel biennio 2024–2025 il Governo ha stanziato 923,4 milioni di euro per incentivare l’acquisto di vetture a zero o bassissime emissioni, contribuendo all’immatricolazione di oltre 90.000 auto nella fascia 0–60 g/km. Secondo le analisi dell’associazione, con limitati aggiustamenti alla deducibilità basterebbe un impegno di 85 milioni di euro (al netto dell’extragettito) per incentivare oltre 100.000 vetture “green” nella stessa fascia, accelerando il rinnovo del parco e alimentando un usato di ultima generazione.
Italia in ritardo su ricaricabili e ricarica: la fotografia 2025
Sul fondo resta una diagnosi impegnativa. UNRAE stima per l’Italia nel 2025 un mercato tra 1,520 e 1,525 milioni di auto (-2,2% sul 2024), circa 400.000 unità sotto il 2019; nel 2026 un recupero lieve a 1,540 milioni. Il direttore generale Andrea Cardinali collega il ritardo italiano sulle ricaricabili a più gap: bassa penetrazione delle flotte, sviluppo non ancora sufficiente delle infrastrutture di ricarica e prezzi della ricarica. Oggi la quota di ricaricabili (BEV+PHEV) è all’11,3%, mentre le sole elettriche pure sono al 5,2%: numeri che, per UNRAE, spiegano perché servano interventi mirati e non soluzioni “uguali per tutti”.
La richiesta finale: meno burocrazia e una “nuova narrativa”
Il filo rosso è uno: regole prevedibili, semplificazione e strumenti coerenti per non creare una transizione a due velocità. UNRAE chiede anche una “nuova narrativa” che superi le contrapposizioni tra tecnologie e rimetta al centro l’evidenza dei dati. Perché la differenza tra obiettivi ambiziosi e obiettivi raggiungibili passa da qui: investire nei fattori abilitanti e rendere la transizione economicamente sostenibile per chi guida e per chi produce.
















